Il brand Simon Cracker approccia la moda da un punto di vista comunicativo

Il brand Simon Cracker è un progetto di Filippo L.M. Biraghi Simone Botte, dove “Crack” è il suono di qualcosa che si rompe ed è il concetto da dove parte tutto: rompere qualcosa che già esiste e dargli una nuova vita.

Nasce nel 2010 da un’idea di Simone Botte, art director, stylist, ricercatore di tessuti e tecniche di stampa, come progetto di abbigliamento upcycled. Dare una seconda possibilità ad abiti ‘abbandonati’, giacenze di tessuti, tutto quello che le persone scartano.

Nel 2020 si unisce Filippo L.M. Biraghi, editor, giornalista, buyer e docente di cultura della moda e il brand entra nel mainstream, partecipando a Who Is ON Next?, Altaroma e dal 2021 nel calendario ufficiale di Camera Nazionale della Moda Italiana.

Il brand Simon Cracker approccia la moda da un punto di vista divergente, piace le individualità e non gli stereotipi, vogliono restituire ai vestiti un valore che non sia meramente economico ma soprattutto comunicativo.

La scelta dell’upcycling non è legata a un’estetica ma a un obbligo che sentono nei confronti del mondo. Attraverso questa tecnica la loro narrativa cambia in ogni collezione. I vestiti sono senza stagione ne sesso. Questa collezione è dedicata a chi si danna l’anima per provare a sopravvivere (nella moda ma soprattutto nella vita), a tutti i poveri e a Oliviero Toscani.

Quel poco che è rimasto della moda vive in una bolla che nulla ha a che fare con la vita vera, i vestiti (siano essi fast fashion o lusso) non interessano più a nessuno. Dal fatto di fare una fatica felicemente epica nel tenere vivo il brand Simon Cracker nasce il pensiero de ‘le perle ai porci’.

L’ironia è da sempre l’arma che il brand usa per esprimere il disappunto, e allora… le ‘sciure’ e i ‘bauscia’ milanesi, le Birkin stampate e disegnate su borse e capi, la giacca di Chanel fatta con la vernice spray, i foulard ‘tarocchi’ trocchi di Hermes in testa o sulle spalle o addirittura trasformati in abiti, la decostruzione del cardigan beige, festoni e fiocchi da pacco regalo che fanno tanto ‘concetto Prada’, oro degli stolti un po’ dappertutto, per arrivare al finale dove il vestito viene addirittura cancellato da circa cinquecento cartellini di altri brand.

La palette è ispirata ai ‘Quality Street’, i tradizionali cioccolatini delle nonne inglesi, e le tecniche di lavorazione sono il vero legame con le collezioni precedenti: i nodi, i capi patchwork tenuti insieme da fascette industriali e una continua sperimentazione sulle diverse tecniche di tintura. Anche questa stagione il brand ha collaborato con Dr. Martens, customizzando il loro deadstock, trasformando le scarpe ‘streetwear’ in ballerine Chanel. A guidare nell’approccio all’assemblaggio di questa collezione sono stati Miuccia Prada, Yves Saint Laurent ma soprattutto e più di tutti Franco Moschino, inarrivabili eroi della borghesia.

Gabriella Frigerio
Gabriella Frigerio
Gabriella Frigerio nasce e vive a Milano. Fin da giovane ha coltivato una grande passione per la comunicazione. Nel corso di diversi anni di lavoro presso il Centro Documentazione della Casa Editrice Rizzoli-RCS, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche come Oggi, Europeo, Annabella, Brava, ecc. occupandosi di argomenti legati al lifestyle come benessere, moda e costume. Ciò le consente di accrescere e affinare il suo stile giornalistico. Iscritta all’ODG di Milano, il suo interesse per l’arte di vivere la porta a diventare direttore di un periodico del settore “Viaggi IN Benessere” mediante il quale cerca di trasmettere questa filosofia attraverso i suoi articoli su carta stampata e web. Attualmente collabora con Lifestar.it