I “segni” della carriera di Agostino Ferrari al Museo del 900

Il Museo del 900 di Milano ospita dal 21 giugno al 28 ottobre la mostra Agostino Ferrari. Segni del Tempo. Una mostra antologica che raccoglie oltre un centinaio di pezzi storici dell’artista milanese e un’opera inedita.

Agostino Ferrari e il segno: strumento espressivo per raccontarsi e linguaggio contemporaneo tra informale, minimal e pop art

“Alla fine del 1962 incominciai a usare il segno come scrittura non significante… oggi esiste ancora la consapevolezza del reale, che rappresento come ho sempre fatto, sviluppando un tema con segni e forme. Contemporaneamente esiste tutto quello che non conosco sull’uomo e la sua vita, una superficie nera che sta oltre l’esistenza, prima della nascita e dopo la morte, il vuoto e il buio, la limitatezza del nostro pensiero rispetto a quell’infinitamente grande” 

Così si racconta Agostino Ferrari, che per oltre mezzo secolo ha utilizzato il segno come strumento espressivo capace di raccontare le sue emozioni personali e le sue reazioni verso la realtà esterna ma anche come cifra di un linguaggio partecipe del mainstream contemporaneo, fra post-informale, arte programmata, minimal, pop e i vari ritorni alla pittura.

Agostino Ferrari. Segni del Tempo

La mostra antologica, allestita nelle sale del museo ricostruisce l’intero percorso dell’artista milanese.  Nel primo ambiente nove opere di formato grande o grandissimo, pietre miliari che scandiscono l’ultima parte dell’itinerario di Agostino Ferrari: dai Palinsesti ai recentissimi Prosegni (Interno/Esterno), compresa un’opera inedita, eseguita appositamente per l’occasione.

L’archivio accoglie invece una serie di pezzi piccoli, esemplificativi della prima parte del percorso, dai Racconti del 1963 ai Teatri del Segno, alle Forme totali agli studi per Autoritratto (l’Alfabeto) e le analisi del colore. Moltissimi gli studi e le carte, che offrono, per la prima volta, un prezioso insight sul metodo creativo e i processi seguiti dall’artista milanese nel suo lavoro.

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