Infanzia e primitivismi, l’artista bambino in mostra a Lucca

Pubblicità
La Fondazione Ragghianti a Lucca, luogo magnifico nel Complesso monumentale di San Micheletto, ospita fino al 3 giugno la mostra L’artista bambino Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento.
Curata da Nadia Marchioni, la mostra indaga il tema della regressione al linguaggio dell’infanzia nell’arte, argomento del quale era stato pionieristico indagatore Carlo Ludovico Raggianti il noto studioso di storia dell’arte cui è intitolata, insieme alla moglie Licia Collobi, la Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti – nel suo Bologna cruciale 1914, testo fondamentale per le future ricerche sull’arte italiana del Novecento.
Articolata in sei sezioni, l’esposizione, partendo dalla fine dell’Ottocento, ripercorre i primi decenni del XX secolo, mostrando opere di artisti affascinati dall’universo infantile, di cui prendono in varie forme e stili l’essenza: la semplicità, la poesia, la soavità dei colori e dei soggetti rappresentati.

L’artista bambino Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento

Gli esempi di “regressione” verso il disegno infantile da parte di artisti italiani fra il secondo e terzo decennio del Novecento sono documentati da Ragghianti nel suo saggio raccontavano, fra le altre, le esperienze di Alberto Magri, Ottone Rosai, Tullio Garbari, Gigiotti Zanini, Carlo Carrà, Riccardo Francalancia e Alberto Salietti.

Le prime attestazioni di attenzione, da parte degli artisti, nei confronti dell’infanzia e delle sue espressioni grafiche trovano un importante antefatto nell’opera di Adriano Cecioni, così come nel Ritratto di Yorick di Vittorio Matteo Corcos, legato a una locandina per la conferenza fiorentina di Corrado Ricci su L’arte dei bambini del 1885, e nell’inconsueto dipinto Il fallimento di Giacomo Balla.

Artista Bambino mostra Lucca
Renato Birolli, Tassì rosso, 1932, Collezione Giuseppe Iannaccone, Milano

La mostra indaga inoltre gli espliciti arcaismi tratti dallo studio dei maestri del Duecento e del Trecento, che vede fra i precursori Alberto Magri, accompagnato dagli amici “apuani” Lorenzo Viani e Adolfo Balduini. Questa cerchia di artisti toscani giunge alla stilizzazione di derivazione infantile e medievale con notevole anticipo rispetto alle attestazioni critiche di Ardengo Soffici – grande estimatore di Henri Rousseau su “La Voce” nel 1910 – e di Carlo Carrà (Vita moderna e arte popolare, Parlata su Giotto, Paolo Uccello costruttore), i quali, fra il 1914 e il 1916, auspicavano nei loro articoli la volontà di tornare a “forme pure nello spazio”, consigliando agli artisti che desideravano recuperare, dopo l’esplosiva avanguardia futurista, una saldezza formale, di ispirarsi a stilemi tratti dall’arte popolare, infantile e medievale.

Proprio da questo nucleo di artisti toscani – afferma la curatrice Marchioni – la mostra parte per ricostruire la storia della regressione al linguaggio dell’infanzia nell’arte, che si avvia con Magri e Viani poco dopo la metà del primo decennio del Novecento e si diffonde fra una selezionata cerchia di artisti che ebbero modo di confrontarsi più o meno direttamente con queste espressioni formali

Leggi anche: A Palazzo Reale una grande mostra su Ingres

- Pubblicità -
Pubblicità