Geografie sommerse, gli scatti di Monika Bulaj in mostra a Trieste

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Il Magazzino delle idee di Trieste ospita fino al 8 ottobre 2023 la mostra fotografica Geografie sommerse della fotografa, reporter e documentarista Monika Bulaj.

L’esposizione a cura della stessa fotografa e organizzata da ERPAC, Ente Regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, ripercorre attraverso più di cento immagini, a colori e in bianco e nero, il lungo viaggio dell’artista fra minoranze e popoli nomadi, fra fedi e religioni.

Un percorso che l’ha condotta lungo confini, in luoghi sacri e condivisi documentando le condizioni sociali degli strati più deboli dei Paesi da lei attraversati: Europa orientale, Caucaso, Medio Oriente, Africa, altipiano iranico, Asia centrale, Russia, Afghanistan, Haiti e Cuba.

Monika Bulaj mostra trieste
© Monika Bulaj | Monika Bulaj, Il canto potente delle donne pugliesi per la madre di Dio che perse il figlio, il lamento di Demetra, Stabat Mater. Canosa, Italia, 2015

Monika Bulaj, Geografie sommerse. Un lungo viaggio fra minoranze e popoli nomadi, fra fedi e religioni

Le fotografie di Monika Bulaj mettono in luce l’invisibile, quella ricchezza che sotto gli occhi di tutti sta scomparendo, in quelle terre dove per millenni le genti hanno condiviso i santi, i gesti, i miti, i canti, le danze, gli dei. Le minoranze perseguitate in Afghanistan e Pakistan, i cristiani d’Oriente, i maestri sufi dal Maghreb alle Indie, gli sciamani dell’antica Battria, gli ultimi pagani del Hindu Kush, i nomadi tibetani, le sette gnostiche dei monti Zagros. Abitanti delle ultime oasi d’incontro, zone franche assediate da fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi d’oggi. Luoghi dove gli dei parlano spesso la stessa lingua franca e dove, dietro ai monoteismi, appaiono segni, presenze, gesti, danze, sguardi condivisi.

Testimonianze catturate in cammino con i nomadi, minoranze in fuga, pellegrini. Cercando il bello anche nei luoghi più bui, la solidarietà e la coabitazione tra fedi laddove si mettono bombe, le crepe nella teoria del cosiddetto scontro di civiltà. Un lavoro che è mutato nel tempo dove all’inizio l’intento era quello di documentare piccole e grandi religioni all’ombra dei conflitti antichi e presenti per arrivare poi a raccogliere e cogliere il racconto delle preghiere e dei sogni, delle tante memorie sempre incentrato sul senso dell’uomo per il sacro.

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