A Milano i paesaggi frammentati di David Wilson

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Dal 2 marzo al 28 aprile gli spazi del Cinema Beltrade di Milano ospita Minor collisions, mostra fotografica di David Wilson curata dal gruppo Baretto Beltrade, un gruppo di autoaiuto per fotoamatori che organizza ed espone mostre di fotografia, edita fanzine e cura e produce i progetti fotografici.

Minor collisions: frammenti di paesaggio che David Wilson cattura e fa emergere al di là di un muro

Al centro del progetto Minor collisions c’è Londra, una Londra anti-turistica, lontana dai luoghi canonici, dove ’iconografia classica è tenuta a debita distanza e la città che appare è piuttosto un archetipo: quello della Grande Metropoli Occidentale.
Le fotografie di David Wilson, più che desiderose di mostrare, sembrano voler occultare, o meglio far solo intravedere un frammento di paesaggio che emerge al di là di un muro, di una rete. Gli edifici non sono quasi mai frontali, le facciate sono quasi sempre laterali o posteriori e lo sguardo è quasi sempre diagonale o bloccato.
Un tema in parte leopardiano: la siepe che ferma lo sguardo e lascia immaginare o intravedere a volta il nulla, altre volte veri e propri idilli moderni, come la giostra a forma di stella che ritorna alla fine del libro nelle vesti di origami spezzato in una pozzanghera.

Spazi intravisti e spazi interstiziali: in modo ossessivo lo sguardo si sofferma sulle aperture tra una zona pianificata e l’altra, lì dove restano fette di città che sfuggono all’attenzione dell’urbanista e dell’amministrazione del territorio e restano  disadorni e squallidi elementi di resistenza.

Lo straniamento tra la normalità dei gesti e il contesto in cui vanno a collocarsi

Non c’è in queste foto alcuna pretesa di spiegare un luogo difficilmente riassumibile in una sequenza di fotografie: il tentativo è piuttosto quello di trasmettere uno straniamento, percepibile nel confronto tra la normalità dei gesti e il contesto in cui vanno a collocarsi. La distanza e lo spazio diventano l’unità di misura di uno sforzo, quello di mantenere un ordine impossibile.

Uno sforzo che tuttavia procede con un’energia identica a quella espressa dalle forze che ad esso si oppongono, producendo una sorta di precaria e bellicosa immobilità, o di attesa. La critica verso la prepotenza con cui l’uomo cerca di assumere il controllo dell’ambiente che lo circonda si ferma nel momento in cui riconosce che sarà l’uomo stesso, in ultimo, a doversi adeguare a un sistema di regole non scardinabile, ma che è possibile solo assecondare e fare proprio.

Nelle fotografie compaiono spesso bambini, sempre intenti a giocare o ad approfittare della mancanza di controllo, e alcuni elementi biologici; piante che mostrano strane escrescenze fuori misura, animali al pascolo placidamente riconciliati o in inquieti stormi di fronte a ricordi di incendi.

Gli adulti invece sono quasi sempre di spalle, i loro sguardi sono divergenti. Appaiono in situazioni incongrue e quasi ridicole, come incapaci di funzionare a dovere, immobili (o intenti a reiterare lo stesso movimento) come automi dal meccanismo inceppato. Gli animali e i bambini sembrano i soli a loro agio nel loro spazio.

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